Ghostwriting: scrivere nell'ombra
Ultimamente se ne sente parlare sempre più spesso: il celeberrimo Pinco Pallino, icona del mondo dello spettacolo o dello sport, ha scritto un libro.
Beh, probabilmente sì, è davvero elaborato di suo pugno. Al mondo ci sono un sacco di Pinco Pallino che scrivono personalmente i propri libri.
Altri però, diciamoci la verità, non ci mettono propriamente mano, nel senso letterale del termine. A volte si affidano a una figura destinata a rimanere dietro le quinte: parliamo di qualcuno che con la parola scritta ci sappia fare, e che abbia anche un discreto capitale di empatia. Ci riferiamo al Ghostwriter.
Questa figura mitologica, che poi tanto mitologica non è, si fa carico di scrivere al posto di un’altra persona, cedendo in toto il proprio lavoro senza aver nulla a pretendere se non un compenso deciso in sede contrattuale. Sul libro non comparirà il suo nome, bensì quello della persona che lo ha ingaggiato. Tutt’al più potrebbe venire citato nei ringraziamenti quale collaboratore, ma è molto facile che non venga affatto menzionato.
Se da un lato possiamo capire il vip che assume una terza persona per scrivere al suo posto, ci chiediamo perché uno scrittore (che evidentemente è anche bravo) non scriva libri da vidimare personalmente.
I motivi possono essere tanti: primo fra tutti, l’ovvietà del fatto che lo stesso libro firmato da un tizio qualunque non venda quanto quello su cui campeggia un nome famoso. Possiamo pensare che magari questo scrittore sconosciuto preferisca restare tale, o, perché no, che lo faccia per passione.
Un ghostwriter, infatti, più di chiunque altro deve possedere un’eccezionale capacità di immedesimazione: occorre studiare alla perfezione abitudini e stile del committente. Deve letteralmente mettersi nei panni dell’altro, un po’ come farebbe un attore, anche se nel mondo della carta stampata le difficoltà aumentano. Scrivere, talvolta, equivale a dar voce a pensieri anche molto intimi. Immedesimarsi nell’altro, entrare in contatto con le emozioni, le ragioni, i risentimenti di una persona diversa da noi non è semplice, figuriamoci compenetrare l’animo di qualcuno in maniera tale da riuscire a esprimere determinate sensazioni come fossero nostre.
Nel caso di un’autobiografia, queste capacità devono necessariamente essere acute: il ghostwriter deve saper porre le giuste domande, perché l’intervista è fondamentale; deve saper ricercare nel passato del committente gli episodi di cui valga la pena ricordarsi. Deve rintracciare famigliari, amici e conoscenti che possano fornirgli un contributo prezioso su cui lavorare. Il tutto senza mai cadere nel pregiudizio, lasciando fuori dalla pagina che scriverà le proprie opinioni.
Deve farsi da parte, rinunciando alla propria identità di narratore. Deve farsi piacere persone per le quali in realtà, magari, prova antipatia; deve descrivere con coerenza gesti che personalmente trova irragionevoli.
Spesso questo fantasma della parola scritta in realtà è un giornalista: una persona abituata a riportare notizie in maniera impersonale e a ricercare le giuste fonti. Altre volte si tratta di romanzieri: chiaramente dipende dal tipo di lavoro che viene commissionato.
A volte sono le stesse Case Editrici ad avvalersi di questa figura, e non è strano pensare che ci siano scrittori di fiducia assunti regolarmente per questo genere di attività. La qualità più importante che deve assolutamente possedere il ghostwriter, a ogni modo, resta una e una soltanto: la discrezione. E non potrebbe essere che così, per ovvie ragioni.